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Cagliari, Sardegna, Italia | Organizzazione artistica
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Recensioni di produzioni precedenti

8
El amor brujo, Falla
D: Antonio Gades
C: Tommaso Ussardi
Fuego – Compagnia Antonio Gades

Come prima cosa è da rilevare l’eccellente prova del Teatro Lirico diretta dal bravo e giovane direttore Tommaso Ussardi, che ha scolpito, cesellandola ed esaltandone ogni colore e ogni struggente sfumatura, la magnifica musica di Manuel De Falla. Una tavolozza in cui la cromia giocata tra sfinita malinconia e passionalità che sa di terra, lacrime e vento caldo degli altipiani spagnoli, porta tutto il messaggio di un’era musicale (la composizione è del 1914, la prima esecuzione del 1915) in cui il secolo passato aveva ormai lasciato il passo alle innumerevoli e screziate inquietudini del Novecento.

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10 luglio 2021balletto.iteatridellest.comGiulio Spadari
cagliari-fuego-compagnia-antonio-gades-9-luglio-2021

Come prima cosa è da rilevare l’eccellente prova del Teatro Lirico diretta dal bravo e giovane direttore Tommaso Ussardi, che ha scolpito, cesellandola ed esaltandone ogni colore e ogni struggente sfumatura, la magnifica musica di Manuel De Falla. Una tavolozza in cui la cromia giocata tra sfinita malinconia e passionalità che sa di terra, lacrime e vento caldo degli altipiani spagnoli, porta tutto il messaggio di un’era musicale (la composizione è del 1914, la prima esecuzione del 1915) in cui il secolo passato aveva ormai lasciato il passo alle innumerevoli e screziate inquietudini del Novecento.

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10 luglio 2021balletto.iteatridellest.comGiulio Spadari
La fanciulla del West, Puccini
D: Ivan Stefanutti
C: James Meena
Exciting, loud Fanciulla opens NYCO season

Whenever a relative opera novice or occasional toe-dipper tells me how he or she cried at the end of La bohème, I want to send them to La fanciulla del West. Of course I choke up at the end of Bohème – who doesn't? – but for a good bawling session, the fabulously maudlin finale of Fanciulla is the place to be. The plot doesn't bode well. Taking place in California in 1849 during the Gold Rush, our heroine, Minnie, runs a saloon for, and teaches bible to, the miners, who adore her. She becomes enamoured of a bandit, Ramerrez (disguised as Dick Johnson), and must deflect the advances of the Sheriff, Jack Rance. At the close of Act 2, she wins Ramerrez's life in a poker game with Rance (in which she cheats), but Ramerrez is recaptured and about to be lynched until Minnie arrives, whooping like a Valkyrie, and convinces the miners et al to return the love she has always shown them by setting him free. Ramerrez and Minnie ride off into the sunset singing "Addio mia California", the miners weep, realizing they will never see her again, and Puccini leaves the orchestra silent. Audience sobbing ensues. So it's campy, but also very sophisticated orchestrally, with dips into French impressionist harmonies and moments of transparent scoring amidst the fiery situations. And there are plenty of gigantic numbers and the most strenuous, soaring vocal lines for soprano and tenor Puccini ever wrote. Despite the miners' singing "Hello, Minnie," "Whiskey" and "“Doo dah, doo dah day," which invariably evokes laughter, one gets carried away with the "great symphonic poem," as Arturo Toscanini called it, and the plight of Minnie and her "bandito di strada," ridiculously translated here as "road agent." And the poker game has to be seen and heard to be believed. The New York City Opera opened its fall season very ambitiously with four performances at the 1100 seat Rose Theater. It is a co-production with opera houses in Lucca, Cagliari and North Carolina; with luck it won't bankrupt any of them. Ivan Stefanutti's set design consists of three risers (on logs – a nice, old-westish touch), projections of mountain ranges and snow (looking oddly like screen savers) and moveable staircase, tables, and so forth. His costumes are another story, with Minnie in weird denim culottes and slightly too form-fitting bodice, Ramerrez in a too-tight vest, too-loose chaps and what looked treacherously like a codpiece. Not to mention Rance, in a huge fur coat and electric blue suit! Soprano Kristin Sampson and tenor Jonathan Burton were perfectly matched: huge, bright voices with secure high B flats, Bs and Cs (the love duet was performed without cuts, the first time I've ever encountered that other than on recordings) and decidedly unsubtle delivery, which nonetheless thrilled. Kevin Short bullied his way through Rance's music, but certainly left a grand impression. Kenneth Overton's Jake Wallace, who sings a beautiful "song" about homesickness in Act 1, whose melody returns for the grand finale, was deeply touching. The dozen smaller roles, all of them well defined by Puccini, were all well taken and with so much ensemble work, made a grand sound. James Meena, the general director of Opera Carolina, led a loud, in-your-face performance which led to aural overload, but the NYCO Orchestra and Chorus were close to brilliant in their accuracy and enthusiasm. Stylistic complaints abound (and I've only hinted at what went on with the surtitles), but when all is said and done, this new production is miles ahead in fervor and song than was presented at the Met a few years ago. So check your disbelief at the cloakroom, leave your six shooter at the door, and hie thee to the next available performance of this opera.

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07 settembre 2017bachtrack.comRobert Levine
Manon Lescaut, Puccini
D: Aldo Tarabella
C: Gianluca Marcianò
Manon Lescaut

Le si affianca il Renato De Grieux di Leonardo Caimi con il quale formano sul palco una coppia decisamente appagante. Il tenore può contare su una notevole prestanza fisica, un timbro virile e scuro, quasi baritonale, una voce grande capace sempre di superare l’orchestrazione e una salita all’acuto potente e luminosa. La prestazione del tenore cresce di atto in atto tra il calore e il consenso del pubblico. Da vita ad un cavaliere bello, aitante, e credibile sin dal primo incontro quando spinto letteralmente dall’amico Edmondo si fa avanti verso Manon a regalarle un fiore. Appassionato nell’impeto amoroso del primo atto. Coraggioso e impavido amante che tenta di liberare la sua donna, pistola alla mano, nel terzo atto. Uomo disperato che assiste impotente alla morte della donna amata nel commovente e tragico finale. Le tende rosse del sipario si chiudono sull’ultimo abbraccio di De Grieux al corpo steso ed esanime della donna che ama. Persa, irrimediabilmente e per sempre. Il suo pianto disperato viene sovrastato dagli applausi. Accanto ai due interpreti principali un lavoro corale dove tutti hanno avuto modo di brillare di luce propria. Loredana Atzei - I Teatri dell’Est

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08 ottobre 2022Loredana Atzei
Ernani, Verdi
D: Davide Garattini Raimondi
C: Giuseppe Finzi
Cagliari - Teatro Lirico: Ernani

E’ proprio il caso di dire: riecco Verdi a Cagliari, a distanza di oltre un anno e mezzo dalla Traviata trasmessa in streaming per lenire la tristezza dei giorni dei teatri svuotati dall’emergenza pandemica. Ma soprattutto: riecco il bandito Ernani, in scena nel teatro cagliaritano per la prima volta dai tempi di Aldo Protti e Caterina Mancini. Un bel regalo per il pubblico del Lirico, che ha potuto riscattare le tante serate spese in operazioni musicali talvolta poco convincenti facendosi rapire dagli afflati eroici, dal romanticismo aulico, dalle ondate melodiche potenti e prepotenti di quella che, a sommesso avviso di chi scrive, rappresenta una delle pagine più belle prodotte dal Cigno di Busseto nei suoi “anni di galera”. Il ritorno del Bandito, il ritorno di Verdi: celebrato da un allestimento ordinato e senza particolari sbavature, e soprattutto valorizzato da due compagnie di canto omogenee e prive di punti deboli. Il regista Davide Garattini Raimondi costruisce il suo spettacolo su un gioco di mobili pannelli scuri, da cui traspare uno squarcio di colore cangiante con pochi oggetti utili a scandire le varie fasi dell’opera: un tronco ardente identifica il covo dei banditi nelle foreste aragonesi; un monumento equestre e un trono dorato riempiono il castello di Silva; l’avello di Carlo Magno funge da cornice per la riunione dei ribelli; due alberi ammantati da una luce rosso sangue fanno da sfondo al tragico finale. Il risultato è un Ernani minimale, cupo, a tratti claustrofobico, ma nel complesso apprezzabile, grazie soprattutto alle luci curate da Alessandro Verazzi, alle scene e ai bellissimi costumi di Domenico Franchi, al quale si può muovere l’unica critica di avere imposto al protagonista, anche nei primi due atti, un ricco corpetto molto più adatto a Don Giovanni d’Aragona che al Bandito in fuga per antri e lande inospite. Al netto di qualche eccesso (il suono degli ottoni copre a tratti quello degli altri strumenti), Giuseppe Finzi propone una direzione giustamente pervasa dal fuoco che il primo Verdi richiede: poco comprensibile, tuttavia, risulta la scelta (in pieno stile “anni ‘50”) di tagliare tutti i “da capo” delle cabalette del primo atto. Buona, come già anticipato, la prova dei cantanti: il peso di una lunga e onorata carriera non condiziona, nel ruolo eponimo, la resa di Marco Berti, ancora capace di sfoggiare una freschezza vocale, una ricchezza di armonici e uno squillo talmente potente e sicuro da fare invidia a tanti più giovani tenori. Il suo Ernani è pieno di lirismo in “Come rugiada al cespite”, impetuoso in “Oro, quant’oro ogn’avido”, svettante in acuto nel terzetto del primo atto. Non meno convincente si rivela la Elvira di Marigona Qerkezi, a sua volta in grado di coniugare i virtuosismi della raffinata belcantista (vedi il pianissimo sfoderato a conclusione della cavatina) con la solidità negli acuti propria del soprano lirico spinto. Dongho Kim incarna un Silva molto sicuro e senza eccessi nella sua dimensione del “cavaliere nero” la cui dignità ferita non scade mai nella furia incontrollata, mentre Devid Cecconi presta la sua solida corda baritonale a un Don Carlo giocato più sulla dimensione autoritaria del monarca impegnato a sconfiggere i ribelli che su quella autorevole e illuminata del giovane sovrano che aspira al lauro imperiale. Il crescendo di “E vincitor dè secoli” rimane comunque uno dei momenti più riusciti della serata. Positive impressioni derivano anche dall’ascolto della seconda compagnia. Nei panni del protagonista, il tenore egiziano Ragaa Eldin si rende autore di una prova generosa e coraggiosa soprattutto nel primo atto (la cavatina è eseguita con tanto di puntatura di tradizione), e caratterizzata da un percepibile coinvolgimento emotivo nel terzetto finale. Renata Campanella propone a sua volta una Elvira correttissima, molto misurata nella sortita ma capace di affrontare con notevole sicurezza le agilità della cabaletta. Superando una lievissima incertezza nel re bemolle finale di “Oh dè verd’anni miei”, degno di nota appare il Don Carlo di Badral Chuluunbatar, giovane baritono dai notevoli mezzi (“Lo vedremo, veglio audace” è un’onda di suono che invade letteralmente la platea) e dal fascino timbrico proprio dei cantanti destinati ad una carriera di primo livello. Non tradisce le attese il coro guidato da Giovanni Andreoli, così importante nell’economia di quest’opera. Giada Frasconi(Giovanna), Tatsuya Takahashi (Don Riccardo) e Carlo Di Cristofaro (Jago) completano la locandina.

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operaclick.comCarlo Dore Jr.
L'elisir d'amore, Donizetti
D: Michele Mirabella
C: Roberto Gianola
Cagliari - Teatro Lirico: Elisir d'amore

nel cast vocale risalta la prova di Martina Gresia, chiamata in scena a causa di un’improvvisa indisposizione di Ekaterina Bakanova (annunciata come titolare del ruolo). La giovane cantante romana non è stata sfiorata dall’emozione della “prima”, incarnando una Adina praticamente perfetta: timbro chiaro da soprano lirico puro, acuti facili e sicuri nel duetto con Nemorino, filati infiniti e personalità da vendere dall’aria della crudele Isotta fino al duetto con Dulcamara. Le previsioni che la descrivono lanciata verso una carriera di primo livello appaiono tutt’altro che azzardate.

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Carlo Dore jr.
Hänsel und Gretel, Humperdinck
D: Sven-Eric BechtolfDaniela Zedda
C: Johannes Debus
Cagliari - Teatro Lirico: Hänsel und Gretel

“Una voce baritonale molto sonora e una notevole morbidezza nell’emissione consentono a Gustavo Castillo di incarnare un Padre Peter scanzonato ma al contempo carico di amare preoccupazioni per il destino dei figli“

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16 dicembre 2019www.operaclick.comOpera Click
Turandot, Puccini
D: Pier Francesco Maestrini
C: Alpesh Chauhan
Turandot al Teatro Lirico di Cagliari

Ovviamente una buona direzione e un’ottima regia non bastano se non ci sono anche ottimi interpreti. Star della serata è stata la Liù di Angela Nisi, piccola e minuta, con la voce dolce che sembra quasi immersa nel miele. Acuti taglienti e molto appoggiati, pathos da regina della lirica, pianissimi degni di nota hanno reso ampio onore all’applauditissima Liù. Emozionante è stata infatti la sua prima aria apprezzata dal pubblico: il pieno rispetto dei ritardandi e degli accelerandi hanno permesso infatti di godere, a pieno, del pathos pienamente romantico, delle sua stupenda romanza. Morte da brividi sembrava quasi stesse in lacrime per il vigore e l’arrendevolezza con cui si è lasciata morire.

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22 marzo 2017Riccardo Toffoli

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