Il direttore Fabrizio Maria Carminati scava con sapienza tra le pieghe della partitura per proporne una lettura che non si risolve nei talvolta abusati clangori barricadieri, ma valorizza – attraverso il ricorso a colori orchestrali scuri e a sonorità felpate – la riflessione introspettiva e l’oscillazione psicologica dei personaggi, destinata a dipanarsi lungo i temi del rapporto padre-figlia, del conflitto tra ragioni del cuore e ragion di Stato, del sottilissimo crinale in essere tra ambizione, follia, morte e redenzione. Buona la resa del coro guidato da Antonio Costa, il cast vocale trova le sue punte di eccellenza nella componente femminile. Al suo debutto italiano nel ruolo di Abigaille, Anastasia Boldyreva si conferma artista di livello superiore per presenza scenica, mezzi vocali (sfolgoranti i do della cabaletta, eseguiti peraltro con imbarazzante facilità, il si naturale della sortita è un vero colpo di lama che squarcia il teatro dalla prima all’ultima fila) e per la capacità, propria della vera interprete verdiana... Ragguardevole anche la prova del mezzosoprano Shay Bloch, Fenena dalla voce ben timbrata, ricca di armonici e di acuti svettanti soprattutto nei concertati.
Uomini e donne fanno da cornice alla rappresentazione e sottolineano l’imprint dell’opera. L’impalcatura dove risiedono serve a dare spessore e urgenza al tema chiave della vicenda: il popolo, oppresso e stremato dalle vicende belliche, interpretato dal Coro del de Carolis in forma smagliante e diretto egregiamente da Francesca Tosi.
La magia di Hugo de Ana, leggenda vivente, ha reso il palco del Comunale di Sassari enorme. La sua scenografia per l'opera “Falso Tradimento” fatta sostanzialmente con un'impalcatura ha utilizzato la prospettiva per dilatare le dimensioni. La trave in metallo calata dall'alto ha svolto poi molteplici funzioni: sottolineando le divergenze sociali tra ufficiali e marinai, trasformandosi in tavolo da mensa o in bancone da locale notturno. La regia dell'artista argentino ha dato movimento all'opera contemporanea di Marco Tutino su sceneggiatura di Luca Rossi.
Il regista Paolo Vettori ha infatti utilizzato le scene disegnate dal grande Nicola Benois - mago del fondale dipinto e maestro della prospettiva e dell'illusione scenografica, attivo alla Scala dal 1925 al 1970 - per uno spettacolo che vide la luce settant'anni or sono. L'impianto di Benois è stato "attualizzato" divenendo l'ambientazione di un museo delle cere, nel quale i personaggi di Traviata via via si animano grazie alla grande musica di Verdi: un'operazione originale, in equilibrio tra il passato e il presente, condotta con maestria e coerenza, in una complessiva cornice visiva valorizzata ulteriormente dai bei costumi di Filippo Guggia e dall'efficace disegno luci di Tony Grandi.
Un successo pieno, premiato da sette minuti di applausi alla prima di ieri, venerdì 2 dicembre. Il capolavoro di Giuseppe Verdi tornava al Comunale a nove anni dall’ultima rappresentazione, in un allestimento tradizionale, con le tele dipinte di Nicola Benois datate 1952 recuperate dal regista Paolo Vettori, che in collaborazione con la scenografa Maddalena Moretti ha immaginato la vicenda in un ideale museo delle cere in cui i protagonisti riprendono vita proprio come le antiche scene rimaste chiuse per anni in un magazzino.
Hanno spiccato su tutti l’eccellente Leporello di Davide Giangregorio, soprattutto per colore vocale e precisione tecnica.
Davide Giangregorio è un Leporello assolutamente trascinante sia dal punto di vista vocale che sotto l’aspetto scenico. La vocalità morbida, tornita, sonora e la buona tecnica d’emissione ci fanno apprezzare l’attesa “Madamina, il catalogo è questo” ma sono doti che consentono al giovane basso-baritono di eccellere in tutta la partitura.