.. a dare voce e sentimento alla Regina era il giovane soprano Federica Vitali. Uno strumento ampio e di bel colore, il suo, da soprano lirico, accompagnato a una notevole musicalità e a un fine gusto per il fraseggio. Qualità che abbiamo apprezzato anche nelle arie e duetti tratti da capolavori di Puccini, che costituivano l’ossatura del programma.
Carlo Lepore è un ottimo Filippo II. Il basso riesce, infatti, a piegare la propria vocalità ampia e ben tornita, alle esigenze della scrittura, imprimendo al canto un’aurea di fredda quanto distaccata regalità. Particolarmente riuscito, grazie all’opportuno impiego dei colori, il contrasto tra la dimensione pubblica e quella privata del sovrano, dove l’uomo, spogliato della sua corona, si trova solo con i suoi tormenti interiori. Degna nota è, in tal senso, l’accorata esecuzione del grande monologo di terzo atto “Ella giammai m’amò”. Coinvolta, infine, la presenza scenica, volta a rappresentare un re spietato e crudele, pur perseguitato dai sensi di colpa.
Carlo Lepore, che siamo abituati ad ascoltare in vesti comiche, debutta nel ruolo di Filippo II e lo fa con una nobiltà, uno scavo interpretativo e una linea vocale ove il dominio del legato si inserisce su una pastosità e morbidezza timbrica davvero notevoli. Il suo, più che un monarca colto nell’imponenza del regnare, è un uomo amareggiato e stanco, tormentato da dubbi e come pietrificato da una atavica solitudine.
Anche Carlo Lepore raccoglie le indicazioni della regia e propone un Filippo II spietato, freddo, cinico. E lo fa con la voce statuaria e timbratissima che tutti conosciamo, emessa sempre a regola d’arte da superbo belcantista qual è, con un fraseggio ovunque governato legato, da senso della misura e classe nella linea.