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Bon Anniversaire Gabriel Faurè
Bon Anniversaire Gabriel Faurè: Cantique de Jean Racine, Op.11 Fauré (+2 More)
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Bon Anniversaire Gabriel Faurè
H.T. Classical (2024)
10 11月 2024 (1の公演)
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Bon Anniversaire Gabriel Faurè by Fauré, から (2024/2024), 導体 Angelo Coccia, All Saints' Anglican Church, Rome, Italy

仕事を選択Cantique de Jean Racine, Op.11, Fauré

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プログラム

3

Bon Anniversaire Gabriel Faurè
Oratorio / OrchestralConcert
Oratorio / OrchestralConcert
Oratorio / OrchestralConcert
«Tutto ciò che sono riuscito a prendere in considerazione attraverso l’illusione religiosa l’ho messo nel mio Requiem, che inoltre è dominato dall’inizio alla fine da un sentimento molto umano di fiducia nel riposo eterno.» LA GENESI DEL REQUIEM DI FAURE’ …L’autunno si sta facendo strada, infiltrandosi a poco a poco nei pomeriggi immobili e abbaglianti, nelle destabilizzanti domeniche “di sole a tradimento” e nei persecutori sudori gratuiti. La sera arriva presto, ma mai troppo presto, e il profumo pungente di fresco che anche la città in queste occasioni sa regalare, mette addosso una strana sensazione di malinconia dolce e sottile. E vien la voglia di voler condividere con qualcuno queste sensazioni, che pochi sembrano provare, tentando a tutti i costi di rimanere aggrappati alle gambe dell’estate che a passi lenti ma decisi si sta allontanando. Ma un certo tipo di comprensione, quella forse più profonda, credo non la si possa trovare né tanto meno pretendere da nessuno; non credo abbia senso illudersi che gli altri possano rispecchiarsi nel nostro sentire senza costrizioni o senza fingimenti di sorta. E’ in questi casi che la musica, la lettura o le nostre passioni più profonde e intime ci vengono in aiuto, assecondando il nostro umore e la nostra percezione momentanea della realtà dentro cui siamo immersi. Si, può essere un rifugio e a volte pericoloso questo, ma ogni tanto va bene anche adagiarsi su terreni sicuri. Questo gran culo che ci si fa ogni giorno si dovrà pur sedere qualche volta, no!? E questa sera ho voglia di crogiolarmi con una messa da Requiem. No, non è morto nessuno e non mi sento nemmeno particolarmente triste, ma questo Requiem è stato scritto “senza motivo, per il piacere di farlo se così posso dire” come disse il suo compositore, Gabriel Faurè, nato in un piccolo paese francese nel 1845. Faurè in merito sostenne ancora “Si è detto che quest’opera non esprime il terrore della morte; qualcuno l’ha chiamata una berceuse funebre. Eppure è così che io sento la morte: come una lieta liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’aldilà e non un doloroso trapasso. Può darsi che io abbia tentato di uscire dalle convenzioni, dopo tutti gli anni in cui ho accompagnato all’organo le funzioni funebri. Ho voluto fare un’altra cosa”. Questa musica porta con se’ un pudore astratto e arcaico, porta mestizia ed eleganza senza ridondanze e con parsimonia di impennate drammatiche. Racconta la morte proprio come raccontasse il sonno, come una placida ninna nanna di garbo ed equilibrio apparentemente settecentesco. L’introduzione è lenta e sussurrata, ma solenne, quasi a voler rappresentare un grande portone che piano piano si apre, lasciando man mano intravedere il percorso verso il “Paradisum”. Durante il kyrie ci si incammina proprio verso questa strada di redenzione, faticosa e appesantita da un ritmo lento e cadenzato. Verso la fine qualche brusco accordo di organo si intromette, contrastando all’improvviso la melodia impastata da coro e orchestra. Il “Sanctus” è la parte che preferisco, dolcissima, dove una carezza degli archi sottolinea le frasi del coro, intrecciandosi con esso e dando vita ad un abbraccio di perfetta misura. Anche qui c’è verso la fine un uso dell’organo che interrompe il lento incedere del brano, ma è sempre un attimo, poi la calma torna a regnare sovrana. Bellissima la parte del soprano nel successivo “Pie Jesu domine”. Il coro poi canta l’”Agnus Dei”, le atmosfere si fanno sempre più pacate e rarefatte, accompagnandoci verso il culmine estremo di “In paradisum” dove tutto è sfumato e il coro è un leggero mantello che tutto copre, spegnendo nel silenzio questa bellissima opera. Per rappresentare al meglio questa finezza e questa interiorità, penso che un’ottima interpretazione la si possa ascoltare nella direzione di Carlo Maria Giulini, direttore d’orchestra che magnificamente è riuscito a far sua la pudica eleganza di Faurè. Il disco in questione è consigliato anche per la presenza della composizione forse più nota di Faurè, la “Pavane, op. 50” e di altre opere utili per farsi un’idea sulla musica di Faurè. A proposito, tanto per dare una strizzata d’occhio anche alla letteratura, Proust in una lettera a Fauré scriveva (anche) questo: “Signore, non è che mi piaccia o ammiri o adori la vostra musica: semplicemente ne sono stato e ne sono tuttora innamorato. Vi ho detto cento cose meno di quelle che avrei potuto,conosco la vostra opera abbastanza per scrivere un libro di trecento pagine, ma cento cose più di quelle che vi avrei detto se avessi seguito la mia timidezza.“ Certo, non sarà uno di quei dischi che fanno sprizzare di gioia, questo credo l’abbiate già intuito…
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