Organization

Singer

Soprano

Paola Romanò

Aida

Tenor

Francesco Medda

Radames

Mezzo-soprano

Angela Alessandra Notarnicola

Amneris

Baritone

Marzio Giossi

Amonasro

Bass

Emidio Guidotti

Ramfis

Gabriele Sagona

The King of Egypt

Francesca Gaiardoni

A high priestess

Livio Scarpellini

A messenger

Conductor

Damiano Maria Carissoni

Stage director

Valerio Lopane

Set designer

Nives Storci

Costume designer

Settima Diminuita

Choreographer

Svetlana Pavlova

Chorus master

Ubaldo Composta

Others

Coro Opera Ensemble

Circolo Musicale Mayr-Donizetti

italų

Bergamo

Italy

Teatro San Giovanni Bosco

Approved

Aida è un titolo celebre. Non stupisce, quindi, il fatto che, a causa della sua fama, il suo nome finisca spesso per coincidere con l’essenza stessa del melodramma ottocentesco. Questa sua notorietà è legata certamente non solo alla felicità della sua invenzione musicale e alla sua generale validità drammaturgica, ma anche, ed in forma forse ben più evidente, alla sua sontuosa teatralità. In altri termini molto del fascino di Aida va ricercato nella sua struttura operistica: il grand-opéra. Il suo clima maestoso e raffinato ne sono l’esempio più eloquente, come la presenza dei ballabili, delle grandi scene di massa e, sul piano prettamente drammaturgico, quel contrasto vivissimo tra affetti personali, profondi e totali, e le regole più forti del singolo e leggi più profonde della personale volontà.
Aida, però, non è solo questo; il ricercare la chiave di volta dell’interpretazione di questo capolavoro solo in questa magniloquenza spettacolare contrastante con il sentire del piccolo personaggio può divenire un limite di prospettiva. Quando quest’opera venne commissionata a Verdi, questi decise di seguire il modello francese, sapendo bene che il suo talento l’avrebbe portato a ben altri esiti; infatti il carattere “parigino” è legato maggiormente ai tratti che insistono all’esteriorità del dramma e molto meno alla reale dinamica intima degli affetti, restituiti con la sua puntualità psicologica dalla scrittura musicale. A fronte del fatto che le scene ed i costumi erano, alla prima del Cairo, un capolavoro del grande atelier dell’Opéra, si deve sottolineare come i personaggi, che vi agivano, si esprimevano con una lingua decisamente italiana, non solo per il fatto di recitare il libretto dello scapigliato Antonio Ghislanzoni.
Ed ancora un altro è un punto da considerare come fondamentale: Verdi, sempre poco eloquente per quanto attiene alle ragioni programmatiche che stavano dietro ad ogni sua creazione musicale, fa, proprio conAida, una parziale eccezione. In una lettera, indirizzata proprio a Ghislanzoni e datata il 17 agosto 1870, ci offre una vera e propria analisi della sua modalità di comporre musica, saldamente legata al libretto ed a quella che egli stesso definisce “parola scenica”. In essa richiedeva espressamente al librettista «la parola che scolpisce e rende netta ed evidente la situazione». Questa puntualizzazione viene fatta dal compositore a proposito della stesura del Terzo Atto, che il musicista considerava il vero cuore dell’opera.
Pertanto, io stesso prenderò l’avvio da questo snodo scenico per chiarire il mio taglio narrativo. La cosiddetta “scena del Nilo” è il momento di massima tensione drammaturgica; la cura dedicata a questa sezione drammaturgica è comprovata da un altro dato: questo atto avrebbe avuto la struttura che noi oggi conosciamo solo dopo la sua prima milanese per la quale il compositore avrebbe aggiunto espressamente l’aria O cieli azzurri, divenuta una delle pagine più alte di tutta l’opera. Nel terzo atto si stempera la grande esteriorità dei primi due per acquisire, invece, una natura più intima, più spontanea e, per così dire, più verdiana. Ma il fatto che questo aspetto, nella scena del Nilo, sia più evidente ci offre la possibilità di descrivere per coglierli anche in altri momenti dell’opera. Si deve insomma leggere la vicenda nella sua totalità sapendo bene che, dietro alla magniloquenza da colossal quasi hollywoodiano, soprattutto le figura femminili sono personaggi reali, vivi e sensibili, che riescono ad esprimersi a pieno, nella loro più autentica personalità.
Questo è possibile solo lungo il Nilo alla luce della luna che illumina in modo soffuso i loro passi in un cammino più incerto e per questo più vero. Amneris, non più figlia dei faraoni, si mostra come una donna consapevolmente infelice per amore; spera di ottenere, affidandosi disperatamente alla preghiera, una corrispondenza emotiva da parte di un uomo che sa benissimo non la desidera. Aida, fragile a causa della sua condizione di inferiorità sociale, medita il suicidio e con malinconica lungimiranza è certa di non avere più la possibilità di rivedere la sua patria. Mossa, poi, da sensi di colpa, quasi in maniera incosciente, come una superba figura sofoclea legata ad un terribile destino immutabile, dopo un illusorio sogno di fuga diviene il mezzo di rivincita politica e militare nelle mani del padre e la causa della dannazione dell’amato. È su queste figure femminili che Verdi crea veri e propri caratteri scenici che per la loro forza ed originalità, si affrancano dallo stereotipato clima grand-opéra.
Anche a Radamès è assicurata magari una consapevolezza non altrettanto profonda, ma l’occasione di essere più vero e meno guerriero senza macchia e senza paura: il sogno. In un clima onirico e non stentoreo né magniloquente è da leggersi il celebre Celeste Aida. Lo stesso dicasi per la sospirata e non vissuta fuga, vagheggiata nel grande duetto del terzo atto ed infine nella scena della morte. Chiarissimo a questo confronto è la diversa prospettiva sua e quella di Aida: lui ancora arpionato alla speranza di una vita terrena, lei trasfigurata nella accettazione della morte.
Questi aspetti sono quindi i tratti che voglio evidenziare nella mia interpretazione di Aida. L’allestimento scenico sarà di base tradizionale e tradizionalmente rispettoso, ma non privo di una certa sensualità, come per esempio avverrà nella scena delle stanze private di Amneris. Per rendere possibile questo si proporranno delle proiezioni di grandi opere pittoriche di epoca vittoriana, che, contemporanee alla lettura scapigliata di Ghislanzoni, vedevano nell’antico Egitto, oltre che la maestà dell’opulenza, anche una sottile vena di erotismo dai tratti esotici. Nel terzo ed nel quarto atto, invece, le immagini proiettate si ispireranno alle celeberrime scene di Lila de Nobili, i cui bozzetti si rifacevano alla pittura di genere vittoriano e ne sfrondavano quel tanto di fasto per darne una lettura più intima, più disadorna, più malinconica più decadente. Infine per suggerire un clima di sogno ad occhi aperti e di evasione, tratto tipico non solo delle citate scene legate alla figura di Radamés, ma anche dei grandi momenti lirici di Aida, sarà presentata una corrispondenza fra lo scorrere di immagini sul fondo ed evocazione lirica legata alla voce, alla musica, alle parole, rendendole così realmente sceniche: un mezzo contemporaneo per rendere il tratto più antico e tipico del melodramma non esclusivamente verdiano, ma da Verdi sentito con inconsueta forza.

italiano

Aida is a famous title.  It is therefore not surprising that, due to her fame, her name often ends up coinciding with the very essence of nineteenth-century melodrama.  This fame of his is certainly linked not only to the happiness of his musical invention and to his general dramaturgical validity, but also, and perhaps in a much more evident form, to his sumptuous theatricality.  In other words, much of Aida's charm is to be found in her operatic structure: the grand-opéra.  Its majestic and refined climate are the most eloquent example of this, such as the presence of dancers, large mass scenes and, on a purely dramaturgical level, that vivid contrast between personal affections, deep and total, and the strongest rules of the individual. and deeper laws of personal will.

 Aida, however, is not just this;  the search for the keystone of the interpretation of this masterpiece only in this spectacular grandiloquence contrasting with the feeling of the little character can become a limit of perspective.  When this opera was commissioned to Verdi, he decided to follow the French model, knowing full well that his talent would lead him to very different results;  in fact the “Parisian” character is more closely linked to the traits that insist on the exteriority of the drama and much less to the real intimate dynamics of the affects, returned with its psychological punctuality by musical writing.  Given the fact that the scenes and costumes were, at the first in Cairo, a masterpiece of the great atelier of the Opéra, it must be emphasized how the characters, who acted there, expressed themselves with a decidedly Italian language, not only for the fact to recite the libretto of the disheveled Antonio Ghislanzoni.

 And still another is a point to be considered as fundamental: Verdi, always not very eloquent as regards the programmatic reasons behind each of his musical creations, makes, precisely with Aida, a partial exception.  In a letter, addressed precisely to Ghislanzoni and dated August 17, 1870, he offers us a real analysis of his way of composing music, firmly linked to the libretto and to what he himself defines "scenic word".  In it he expressly asked the librettist "the word that carves and makes the situation clear and evident".  This clarification is made by the composer regarding the drafting of the Third Act, which the musician considered the true heart of the work.

 Therefore, I myself will start from this stage to clarify my narrative cut.  The so-called “Nile scene” is the moment of maximum dramaturgical tension;  the care dedicated to this dramaturgical section is proven by another fact: this act would have had the structure that we know today only after its Milanese premiere for which the composer would have expressly added the aria O cieli azzurri, which has become one of the most high of the whole work.  In the third act the great exteriority of the first two is diluted to acquire, instead, a more intimate, more spontaneous and, so to speak, more Verdi nature.  But the fact that this aspect, in the Nile scene, is more evident offers us the possibility of describing in order to grasp them also in other moments of the work.  In short, we must read the story in its entirety knowing well that, behind the almost Hollywood-like grandiloquence, above all the female figures are real characters, alive and sensitive, who are able to express themselves fully, in their most authentic personality.

 This is possible only along the Nile in the light of the moon that softly illuminates their steps on a more uncertain and therefore more true path.  Amneris, no longer the daughter of the pharaohs, shows herself as a woman who is consciously unhappy for love;  she hopes to obtain, by relying desperately on prayer, an emotional correspondence from a man who knows very well she does not want it.  Aida, frail due to her social inferiority, meditates on suicide and with melancholy foresight she is certain that she no longer has the possibility of seeing her homeland again.  Moved, then, by feelings of guilt, almost unconsciously, like a superb Sophoclean figure tied to a terrible unchangeable destiny, after an illusory dream of escape it becomes the means of political and military revenge in the hands of the father and the cause of the damnation of the 'beloved.  It is on these female figures that Verdi creates real scenic characters which, thanks to their strength and originality, break free from the stereotypical grand-opera atmosphere.

 Even Radamès is assured perhaps an awareness that is not so deep, but the opportunity to be more true and less warrior without blemish and without fear: the dream.  In a dreamlike and neither stentorian nor magniloquent climate, the famous Celeste Aida can be read.  The same can be said for the longed-for and unlived escape, longed for in the great duet of the third act and finally in the death scene.  Very clear in this comparison is the different perspective of him and that of Aida: he still harpooned to the hope of an earthly life, she transfigured in the acceptance of death.

 These aspects are therefore the traits that I want to highlight in my interpretation of Aida.  The staging will be basically traditional and traditionally respectful, but not devoid of a certain sensuality, as for example will be the case in the scene of Amneris' private rooms.  To make this possible, projections of great pictorial works of the Victorian era will be proposed, which, contemporary to Ghislanzoni's disheveled reading, saw in ancient Egypt, as well as the majesty of opulence, also a subtle vein of eroticism with exotic features.  In the third and fourth act, however, the projected images will be inspired by the famous scenes of Lila de Nobili, whose sketches were based on Victorian genre painting and pruned just enough pomp to give it a more intimate, more unadorned, more more decadent melancholy.  Finally, to suggest a climate of daydreaming and escapism, a typical trait not only of the aforementioned scenes linked to the figure of Radamés, but also of the great lyrical moments of Aida, a correspondence will be presented between the flow of images on the background and lyrical evocation. linked to the voice, to the music, to the words, thus making them truly scenic: a contemporary means of rendering the most ancient and typical trait of opera not exclusively by Verdi, but felt by Verdi with unusual strength.

English

Aida by Verdi, Nuo (2011/2011), Režisierius Valerio Lopane,, Dirigentas Damiano Maria Carissoni, Teatro San Giovanni Bosco, Bergamo, Italy

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