Organization

Singer

Soprano

Paola Romanò

Sister Angelica

Contralto

Angela Alessandra Notarnicola

The Princess

Mezzo-soprano

Lia Signoretti

The Abbess

Giuseppina Carluccio

Sister Zelatrice

Laura Birolini

The Mistress of the novices

Sonia Lubrini

Sister Genovieffa

Eleonora Delzano

Sister Osmina

Claudia Ceruti

Sister Dolcina

Ilaria Magrini

The nursing sister

First novice

Marisa Intravaia

First lay sister

Second lay sister

Conductor

Damiano Maria Carissoni

Stage director

Valerio Lopane

Set designer

Nives Storci

Costume designer

Settima Diminuita

Chorus master

Fabio Tartari

Santuzza

Tenor

Maurizio Comencini

Turiddu

Lucia

Baritone

Carlo Morini

Alfio

Clara Bertella

Lola

Choreographer

Svetlana Pavlova

Others

Coro Lirico di Bergamo

Circolo Musicale Mayr-Donizetti

italia

Suor Angelica -  (Sister Angelica)

Bergamo

Italy

Teatro San Giovanni Bosco

Public

Rustic Chivalry

Approved

SUOR ANGELICA
pera in un atto, su libretto di Giovacchino Forzano, Suor Angelica è il secondo dei tre
pannelli che costituiscono, con Il tabarro e Gianni Schicchi, il Trittico pucciniano.
Discendente da una lunga dinastia di organisti, Puccini aveva praticato fin da bam-
bino l’ambiente ecclesiastico, cantando nei cori e accompagnando la Messa. Sua sorella Igi-
nia aveva preso il velo come suora agostiniana e, tra i suoi più cari amici, annoverava due
preti.
Un soggetto mistico dunque non era un’idea così remota per la sua immaginazione
d’operista. I primi accenni d’interesse risalgono all’inizio del secolo, ma solo nel 1916 Puccini
trovò, su suggerimento di Forzano, la giusta ispirazione nel personaggio di Suor Angelica. Il
pannello religioso del suo Trittico andava così a collocarsi tra il realismo brutale del Tabarro e
la commedia conclusiva di Gianni Schicchi, al tempo non ancora individuata.
La trama del libretto trae spunto dalla Genoveffa di Brabante di Friedrich Hebbel, nella qua-
le la protagonista, simbolo di santità indifesa, mette al mondo un figlio creduto adulterino, e
contemporaneamente si assiste a un evento miracoloso. Una curiosità: Suor Angelica è una
tra le poche opere a includere solo personaggi femminili.
La vicenda è ambientata in un monastero, verso la fine del Seicento; qui suor Angelica, sette
anni prima, ha preso il velo per fuggire il mondo dopo aver dato alla luce un figlio illegitti-
mo. Alcune suore si affrettano in chiesa per la preghiera della sera; due Converse sono in ri-
tardo, e anche suor Angelica, che prima di entrare in chiesa fa l’atto di penitenza. Terminate
le preghiere e prima della ricreazione, la suora Zelatrice distribuisce le punizioni: alle due
Converse che non hanno fatto l’atto di penitenza per il ritardo, a suor Lucilla che ha riso in
chiesa, a suor Osmina che teneva due rose nascoste nelle maniche. Ora le suore si avvicinano
alla fontana, e osservano con gioia, come fosse un miracolo, il raggio di sole che illumina
l’acqua, evento che si verifica soltanto tre volte l’anno. Decidono di portare un secchio di
quell’acqua dorata alla tomba di suor Bianca rosa, che certamente lo desidera; a loro, invece,
non è permesso avere desideri. Ma suor Genovieffa confessa candidamente che le piacerebbe
stringere ancora una volta fra le braccia un agnellino, mentre suor Dolcina non sa resistere
alla tentazione della gola. E suor Angelica? Lei nega di avere desideri, ma le altre suore non
ne sono convinte, e parlottano fra loro, certe che la compagna nutra un gran desiderio di ri-
vedere i suoi nobili parenti, che da sette anni non hanno più dato notizia di sé. A interrom-
pere il chiacchiericcio delle suore giunge improvvisamente la sorella Infermiera, che chiede a
suor Angelica un rimedio per suora Chiara, che è stata punta da una vespa. Suor Angelica
trova il rimedio fra le piante che le sono state affidate, e lo dà all’Infermiera, mentre giungo-
no con un ciuchino le due suore Cercatrici. Esse vengono subito circondate, e distribuiscono
quello che hanno raccolto in elemosina; una di loro chiede se c’è qualcuno in parlatorio, poi-
ché entrando ha notato una ricca carrozza ferma davanti alla porta del monastero. Suor An-
gelica si fa attenta: spera ardentemente che la visita sia per lei. Giunge infatti la Badessa, e
la chiama in parlatorio: la zia Principessa la vuole incontrare.
In preda a una gran emozione, suor Angelica raggiunge la Zia che con un atteggiamento di
gelida indifferenza, in previsione dell’imminente matrimonio della sorella minore di Angeli-
ca, le ha portato da firmare una pergamena riguardante la divisione del patrimonio di fami-
glia. Con chi si sposerà la sorella?, chiede suor Angelica. Sposerà chi per amore – risponde la
Zia – ha perdonato la grave colpa con cui Angelica ha macchiato l’onore della famiglia. Suor
Angelica ha un moto di ribellione davanti all’inesorabile severità della zia, riafferma la sua
volontà di espiazione, ma ha tuttavia un desiderio: avere notizie del figlio, che ha visto solo
al momento della nascita, e di cui da sette anni non ha alcuna notizia. Dopo alcuni istanti di
silenzio, la zia Principessa la informa che il bimbo è morto già da due anni. Suor Angelica
firma il documento e, impietrita dal dolore, resta sola a invocare il bambino che non potrà
più abbracciare. Ritornano le altre suore, e tutte si avviano alle celle per il riposo notturno.
Dopo qualche momento, suor Angelica esce dalla sua cella, e si mette a raccogliere fiori, con i
quali compone una pozione velenosa; quindi abbracciata alla croce, si prepara a morire, in-
vocando il perdono della Madonna. Sente voci di angeli, e la chiesa si illumina; dalla porta
che si apre vede la Regina del conforto che le spinge incontro un fanciullo biondo, vestito di
bianco: è il suo bambino, e suor Angelica muore abbracciandolo.
O
CAVALLERIA RUSTICANA
Durante il preludio, a sipario chiuso, Turiddu intona una serenata – una «siciliana» – a Lola,
la ragazza a cui s’era promesso prima di andar soldato e che ha ritrovato, al suo ritorno, spo-
sa a compar Alfio, un carrettiere benestante.
La scena rappresenta la piazza d’un villaggio nei dintorni di Catania, a destra la chiesa, a si-
nistra l’osteria di mamma Lucia. Uno scampanio festoso saluta la mattina di Pasqua mentre
i cori giocondi dei contadini e delle contadine si ricorrono dai campi e dagli agrumeti. San-
tuzza, amante di Turiddu, rosa dal sospetto che il giovane sia tornato a trescare con la sua
vecchia fiamma (le hanno riferito d’averlo visto a notte alta presso la casa di Lola), viene a
cercarlo da mamma Lucia, che risponde, gelida, di lasciare in pace suo figlio. «Perché lo cer-
chi fin qui? Turiddu non c’è, è andato a prender del vino a Francofonte», le dice. «Non è ve-
ro», replica Santuzza, «non s’è mosso dal paese». Lucia si turba a questa notizia, intuisce la
verità e invita Santuzza a entrare, per parlare più liberamente. «Non posso entrare in casa
vostra», confessa la ragazza, «sono scomunicata». Il dialogo delle due donne viene interrotto
dal sopraggiungere di compar Alfio che, accompagnato da un gruppo di compaesani, inneg-
gia euforico alla vita errabonda e libera del carrettiere, felice in fondo d’essere atteso a casa,
ogni sera, dalla moglie fedele. S’aduna intanto sulla piazza la folla per partecipare alla pro-
cessione pasquale, che si conclude poi in chiesa con la funzione solenne. Santuzza, scomuni-
cata per la sua relazione scandalosa con Turiddu, non può entrare nel tempio: ferma mamma
Lucia, che sta per avviarsi, e le rivela, in lacrime, il suo disperato amore per il giovane; egli
l’ha sedotta soltanto per consolarsi del matrimonio di Lola, ma il suo cuore è ancora tutto
per la sposa di Alfio, che lo ricambia con l’antica passione, tradendo apertamente il marito.
Mamma Lucia entra in chiesa, angosciata da un triste presentimento.
Rimasta sola, Santuzza vede avvicinarsi Turiddu e lo affronta: deve essere il momento della
chiarificazione, ma lui non vuole ascoltarla. Prima tenta malamente di mentire sulle sue as-
senze da casa e sui suoi incontri con Lola, poi alle contestazioni incalzanti di Santuzza oppo-
ne in crescendo tutto il repertorio dell’arroganza maschile, passando ipocritamente dai toni
del fastidio per la «vana gelosia» all’orgoglio offeso e all’indignazione minacciosa per aver
dovuto sopportare tanta oltraggiosa ingratitudine. A sua volta, Santuzza passa dalle accora-
te accuse per la scoperta infedeltà alla rabbia, all’umiliazione e all’implorazione del perdono
quando, di fronte al calcolato «giusto sdegno» di Turiddu, ha paura di perderlo. Arriva in-
tanto Lola, canticchiando provocante uno stornello dedicato a Turiddu. Vedendo i due,
s’arresta un momento e chiede a Santuzza, con sarcasmo, come mai non vada alla messa. «Ci
deve andare chi sa di non aver peccato», risponde fiera Santuzza. Entrata Lola in chiesa, ri-
prende il confronto fra i due amanti in una tensione sempre più drammatica tra la finta col-
lera di Turiddu e l’esasperazione di Santuzza, che, alla fine, lancia al giovane un’oscura mi-
naccia: «Bada!». Alla risposta di scherno di Turiddu che s’avvia alla chiesa senza degnarla
più di uno sguardo, gli urla la sua maledizione: «A te la mala Pasqua, spergiuro!». Quando
sopraggiunge compar Alfio, Santuzza, sconvolta, gli svela la tresca di Turiddu con sua mo-
glie. «Mentre voi correte all’acqua e al vento a guadagnarvi il pane», gli dice, «Lola v’adorna
il tetto in malo modo». Alfio l’ascolta con furore contenuto e, quando capisce che Santuzza
gli racconta la verità, giura di vendicare il suo onore.
La funzione è finita, la folla esce di chiesa, un gruppo di uomini si sofferma all’osteria. Tu-
riddu invita gli amici a un brindisi pasquale e offre da bere a compar Alfio. «Grazie», rispon-
de Alfio, «ma il vostro vino non l’accetto. Mi sembrerebbe veleno.» Turiddu intuisce e rove-
scia a terra il contenuto del bicchiere. «A piacer vostro», dice. Sono le scarne parole di
un’antica liturgia rusticana. Gli amici ammutoliscono. Alcune comari si fanno intorno a Lola
e l’invitano, sollecite, a rientrare in casa. Poi il giovane stringe in un abbraccio Alfio e gli
morde, secondo il rito, l’orecchio destro. «Compare, avete il morso buono, ci intenderemo
bene a quel che pare», replica Alfio freddamente. Il rituale della sfida è concluso,
l’appuntamento è immediato, negli orti vicini, appena fuori dal paese. Prima di seguire il ri-
vale, Turiddu invoca la madre, chiedendo la sua benedizione, come il giorno in cui partì sol-
dato. La povera donna non sa rendersi conto di quell’improvvisa commozione ma Turiddu
non le lascia il tempo di domandare, dice d’essere alterato dal troppo vino bevuto e la implo-
ra, se mai non dovesse tornare, di fare da madre a Santuzza, che resterebbe sola al mondo
dopo, che lui l’ha disonorata. Poi la bacia ripetutamente e fugge verso la campagna. Pochi
momenti dopo, il dramma è compiuto. S’ode dai vicoli un indistinto mormorio e subito il
grido straziante di una donna che accorre sulla piazza: «Hanno ammazzato compare Turid-
du!»

italiano

SISTER ANGELICA

 pear in one act, on a libretto by Giovacchino Forzano, Suor Angelica is the second of the three

 panels that make up, with Il tabarro and Gianni Schicchi, the Puccini Triptych.

 Descending from a long dynasty of organists, Puccini had practiced since childhood

 bino the ecclesiastical environment, singing in choirs and accompanying the Mass.  His sister Igi-

 she had taken the veil as an Augustinian nun and, among her closest friends, she had two

 priests.

 A mystical subject was therefore not such a remote idea for his imagination

 operista.  The first hints of interest date back to the beginning of the century, but only in 1916 Puccini

 he found, at Forzano's suggestion, the right inspiration in the character of Sister Angelica.  The

 The religious panel of his Triptych thus placed itself between the brutal realism of Tabarro and

 the concluding comedy by Gianni Schicchi, not yet identified at the time.

 The plot of the libretto is inspired by Friedrich Hebbel's Genoveffa di Brabant, in which

 the protagonist, a symbol of defenseless holiness, gives birth to a child believed to be adulterous, e

 at the same time we witness a miraculous event.  A curiosity: Sister Angelica is one

 among the few works to include only female characters.

 The story is set in a monastery, towards the end of the seventeenth century;  here Sister Angelica, seven

 years earlier, she took the veil to flee the world after giving birth to an illegitimate child-

 mo.  Some nuns hurry to the church for the evening prayer;  two Converse are in re-

 late, and also Sister Angelica, who before entering the church makes the act of penance.  Finish

 prayers and before recreation, the zealot nun distributes the punishments: at two o'clock

 Converse who did not make the act of penance for being late, to Sister Lucilla who laughed in

 church, to Sister Osmina who kept two roses hidden in her sleeves.  Now the nuns are approaching

 at the fountain, and they look with joy, as if it were a miracle, at the ray of sunshine that illuminates

 water, an event that occurs only three times a year.  They decide to bring a bucket of

 that golden water at the tomb of Sister Bianca rosa, which she certainly desires;  to them, instead,

 it is not allowed to have desires.  But Sister Genovieffa candidly confesses that she would like her

 to hold a lamb in her arms once more, while Sister Dolcina cannot resist

 to the temptation of gluttony.  And Sister Angelica?  She denies that she has any wishes, but the other nuns don't

 they are convinced of it, and they chatter among themselves, certain that her partner has a great desire to

 to see her noble relatives, who have not given news of herself for seven years.  To interrupt

 pere the chatter of the nuns suddenly comes the sister Nurse, who asks a

 Sister Angelica a remedy for Sister Chiara, who was stung by a wasp.  Sister Angelica

 she finds the remedy among the plants entrusted to her, and gives it to the Nurse, while she arrives

 not with a donkey the two Seeker nuns.  They are immediately surrounded, and distribute

 what they have collected in alms;  one of them asks if there is anyone in the parlor, then-

 because on entering she noticed a rich carriage stopped in front of the monastery door.  Sister An-

 jealous becomes attentive: she fervently hopes that her visit is for her.  In fact, the Abbess arrives, and

 she calls her into the parlor: her aunt Princess wants to meet her.

 In the throes of great emotion, Sister Angelica joins Aunt who with an attitude of

 cold indifference, in anticipation of the imminent marriage of Angeli's younger sister-

 ca, she brought her to sign a parchment concerning the division of family assets

 daughter.  Who will the sister get married with? Sister Angelica asks.  She will marry who for love - she replies

 Aunt - she has forgiven the grave fault with which Angelica has tainted the honor of the family.  Sister

 Angelica has a surge of rebellion in front of her aunt's inexorable severity, she reaffirms hers

 of her will to atonement, but she nevertheless has one desire: to have news of her son, whom she has only seen

 at the time of his birth, and of which she has had no news for seven years.  After a few moments of

 silence, Aunt Princess informs her that her baby has already been dead for two years.  Sister Angelica

 she signs the document and, petrified by grief, she is left alone to invoke the child that she will not be able to

 more hug.  The other nuns return, and all go to their cells for the night's rest.

 After a few moments, Sister Angelica comes out of her cell, and begins to pick flowers, with the

 which she composes a poisonous potion;  then she embraced the cross, she prepares to die, in-

 calling for the forgiveness of the Madonna.  She hears the voices of angels, and the church lights up;  from the door

 opening of her she sees the Queen of comfort pushing a blond boy dressed in

 white: he is her child, and Sister Angelica dies embracing him.

 OR

 RUSTICAN CAVALLERY

 During the prelude, with the curtain closed, Turiddu sings a serenade - a "Sicilian" - to Lola,

 the girl he had promised himself to before he went as a soldier and whom he found, on her return, married

 he knows how to compare Alfio, a wealthy carter.

 The scene represents the square of a village near Catania, on the right the church, on the right

 nistra the tavern of Mamma Lucia.  A festive chime greets Easter morning while

 the playful choruses of peasants and peasants recur from the fields and citrus groves.  San-

 tuzza, Turiddu's lover, rose from the suspicion that the young man has returned to fish with his

 of her old flame (they told her they saw him late at night at Lola's house), she comes to

 look for him from mother Lucia, who replies, coldly, to leave her son in peace.  "Why are you looking for him?

 who so far?  Turiddu is not there, he went to get some wine in Francofonte », she tells her.  "It's not true

 ro », replies Santuzza,« he has not moved from the town ».  Lucia is troubled by this news, she senses it

 truth and invites Santuzza to enter, to speak more freely.  "I can't go into the house

 yours », confesses the girl,« I am excommunicated ».  The dialogue of the two women is interrupted

 by the arrival of compar Alfio who, accompanied by a group of fellow villagers,

 already euphoric at the wandering and free life of the carter, happy at heart to be expected at home,

 every evening, by his faithful wife.  Meanwhile the crowd gathers on the square to take part in the

 Easter assignment, which then ends in the church with the solemn function.  Santuzza, excommunicate-

 cited for her scandalous relationship with Turiddu, she cannot enter the temple: stop mum

 Lucia, who is about to leave, and in tears reveals her desperate love for the young man;  they

 he only seduced her to console himself for Lola's marriage, but her heart is still everything

 for Alfio's wife, who reciprocates with her old passion, openly betraying her husband.

 Mamma Lucia enters the church, distressed by a sad presentiment.

 Left alone, Santuzza sees Turiddu approaching and confronts him: it must be time for

 clarification, but he doesn't want to hear it.  Before her he tries hard to lie about his asses.

 without home and on his meetings with Lola, then to the pressing disputes of Santuzza oppo-

 the whole repertoire of male arrogance is growing, hypocritically passing by tones

 of the annoyance for the "vain jealousy" to the offended pride and the threatening indignation for having

 had to endure so much outrageous ingratitude.  In turn, Santuzza passes by the accora-

 you accuse you of unfaithfulness to anger, humiliation and pleading for forgiveness

 when, faced with Turiddu's calculated "just indignation", he is afraid of losing it.  Arrives in

 so much Lola, humming a teasing song dedicated to Turiddu.  Seeing the two,

 she stops for a moment and asks Santuzza, sarcastically, why he doesn't go to mass.  "There

 he who knows he has not sinned must go »replies Santuzza proudly.  Lola entered the church,

 she takes the confrontation between the two lovers in an ever more dramatic tension between the fake col-

 Turiddu's era and Santuzza's exasperation, who, in the end, throws the young man an obscure

 naccia: "Take care!"  To Turiddu's mocking reply that she goes to the church without deigning it

 more than a glance, she yells at him her curse: «To you the bad Easter, perjury!».  When

 compar Alfio arrives, Santuzza, upset, reveals to him the affair of Turiddu with his mo-

 him.  "While you run to the water and the wind to earn your bread", she tells him, "Lola adorns you

 the roof in a bad way ».  Alfio listens to him with contained fury and, when he understands that Santuzza

 he tells him the truth, vows to avenge his honor on her.

 The service is over, the crowd leaves the church, a group of men linger at the tavern.  You-

 riddu invites his friends to an Easter toast and offers compar Alfio a drink.  "Thank you," he replied-

 de Alfio, «but I don't accept your wine.  It would seem poison to me. "  Turiddu senses and rove-

 leaves the contents of the glass on the ground.  "At your pleasure," he says.  These are the meager words of

 an ancient rustic liturgy.  Friends fall silent.  Some wives make themselves around Lola

 and they invite him, promptly, to return to the house.  Then the young man hugs Alfio and him

 bites, according to the rite, the right ear.  «My friend, you have a good bite, we will understand each other

 well as it seems »replies Alfio coldly.  The ritual of the challenge is over,

 the appointment is immediate, in the nearby gardens, just outside the town.  Before following the re-

 worth, Turiddu invokes his mother, asking for her blessing, like the day she left only

 given.  The poor woman does not know how to realize that sudden emotion of her but Turiddu

 does not give her time to ask, she says she is upset by too much wine and implo-

 ra, if she ever does not return, to act as mother to Santuzza, that she would be alone in the world

 after her, that he has dishonored her.  He then he kisses her repeatedly and flees to the countryside.  Few

 moments later, the drama is over.  An indistinct murmur is heard from the alleys and immediately the

 heartbreaking cry of a woman rushing to the square: "They killed pope Turid-

 du! "

English

Sister Angelica by Puccini, Rustic Chivalry by Mascagni, Alkaen (2012/2012), Ohjannut Valerio Lopane,, Musiikinjohto Damiano Maria Carissoni, Teatro San Giovanni Bosco, Bergamo, Italy

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