Victória Pitts / Recenze

Era tempo che in Toscana si era curiosi di ascoltare in un ruolo di protagonista il mezzosoprano brasiliano Victória Pitts, sentita in molte produzioni fiorentine in parti relativamente brevi (Flora nella Traviata o Tisbe nella Cenerentola, ad esempio) che lasciavano intuire una vocalità rigogliosa e un temperamento non comune. Impressioni più che giustificate da quanto ascoltato in questa recita in cui - al di là della figura inevitabilmente troppo giovane e fascinosa, malgrado il trucco - si è ascoltata una Azucena di forte impatto, che si bea del vigore di una voce bella e sonora, penetrante nel registro acuto, dai gravi bruniti e morbidamente naturali, esibiti senza cadere in eccessi e gestita con fiati lunghi e sicuri. Fiati talvolta messi in cornice, come nella nota che chiude il racconto del Secondo atto, vocalmente sbalorditiva, che pare sorretta da polmoni dalla capacità inesauribile.

Al centro del dramma dominava ovviamente l’Orfeo di Victória Pitts, interprete determinata ma mai eccessiva, di ottime qualità timbriche e accurata nella preparazione musicale: le sfumature, gli accenti, le singole pause, esprimevano tutto l’amore che guida l’azione del tenace protagonista.