Splendida la Mamma Lucia di Giovanna Lanza, nella quale si rivedono Ecuba e Niobe, che si esprime in un canto viscerale e bellissimo.
Du coup sa suivante Suzuki prend un relief inhabituel : non seulement Giovanna Lanza est un vrai mezzo-soprano à la voix profonde et homogène sur toute son étendue mais son chant ciselé, l’excellente projection et la composition scénique impeccable en fond un personnage de premier plan.
la Costanzo (Amalia), parimenti sa attirare l’attenzione dell’ascoltatore fin dalle prime battute, grazie ho un mezzo vocale voluminoso, una linea di canto decisa capace anche di belle morbidezze, costruita in maniera totalmente organica al ruolo e caratterizzata da un suono tondo e smaltato.
Ben assortito il nutrito cast. Sugli scudi la prova di Clarissa Costanzo, Amalia espressiva e partecipe, in possesso di uno strumento vocale morbido e pastoso, di volume debordante e omogeneo in tutti i registri; appassionata la resa del duetto “Villanova ‘ncoppa Margellina”, intriso di pathos lo struggente lamento finale.
Clarissa Costanzo, soprano già in carriera che ha fatto felici debutti a Piacenza e che nella seconda edizione del concorso di canto dedicato a Beppe De Tomasi in quel di Reggio Calabria si aggiudicò il “Premio della critica” e guarda caso in commissione c’ero io. Doppio il piacere, dunque, della rinnovata conferma. Si tratta di un bel temperamento, musicalmente ineccepibile, dalla voce calda ed avvolgente anche in uno spazio aperto e un po’ dispersivo come è quello della Fortezza a Savona. Timbro gradevole, sostenuto da un fraseggio ardente e da un accento partecipe, dopo la celeberrima aria “Un bel dì vedremo” un primo prolungato applauso, ripetutosi poi con rinnovato entusiasmo alla ribalta finale. Intensa nel “racconto” “Che tua madre dovrà” al piccolo Dolore, commovente in “Tu, piccolo Iddio”, la Costanzo è stata una vera rivelazione per chi ancora non l’aveva intesa.
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Il cast era dominato da una travolgente Clarissa Costanzo. Il soprano casertano, oltre ad avere la “lingua” del personaggio straordinario di Donna Amalia, ne possiede il temperamento e ne ha reso quindi al meglio il carattere, calandosi in esso anima, corpo e voce. Di questo ruolo musicalmente molto impegnativo, con tanto di aria lirico-spinta nel terzo atto, duetto strappapplausi con il tenore nel secondo, e finale tragico sul corpo del figlio ucciso, che sollecita ampiamente i registri grave e centrale, con frequenti ascese ad acuti scoperti e perigliosi, Clarissa Costanzo ha dominato la scrittura e ha catalizzato l’attenzione in scena. Più che cantare Donna Amalia, lei “era” Donna Amalia. Questo fa la differenza e quindi l’autenticità del Teatro.