...Bravissima la Maga di Candida Guida, in grado di inquietarci scenicamente evidenziando un’incisività vocale perfetta per la resa del personaggio...
Il vigore vocale di Mario Rojas ha consegnato un Rodolfo sicuro nel registro acuto e appassionato specialmente nella seconda parte della serata.
Al suo fianco c’è il giovane tenore messicano Mario Rojas che si rivela invece un assai piacevole giovane Rodolfo, sviluppa bene gli acuti e i legati, buona la dizione italiana che alla fine dell’opera sarà confermata dalle grida disperate ben declamate, per lui sono i primi applausi calorosi dopo la sua “Che gelida manina”.
Fare teatro e melodramma è sempre, per Di Florio, un atto politico, e nella storia universale di Aida risuonano mille altre vicissitudini di popoli migranti, di invasori, di oppressori e oppressi.
«In Norma, convivono tanti contrasti: due civiltà, quella celtica e quella romana, e ancora magia e razionalità, istinto e calcolo, mondo maschile e mondo femminile. Il tutto con la musica sublime di Vincenzo Bellini, raggiunge vette di poetica bellezza» così dichiara il regista Raffaele Di Florio. «La mia Norma, dunque, pur restando nella tradizione, legge tale “tradizione” non come consuetudine, ma come trasposizione. Concetto, questo, che sposa due concetti artisticamente fecondi (e perciò a me cari): Tradire e tradurre».
Gli applausi scroscianti che a fine serata accolgono tutti gli artisti sono la dimostrazione di come osare si possa e si debba.
La Violetta di Maria Francesca Mazzara. Che da anni cesella il ruolo, finalmente suo, profondamente suo. Lo si vede dalla cura minuziosa di un fraseggio con cui, in maniera accorta, sbalza ogni frase, alla ricerca di un’espressività che trapela da ogni accento; dalla figura svelta, elegante, raffinata, mai sopra le righe, sempre puntuale e coinvolgente; dalla lenta, inesorabile progressione psicologica con cui affronta la parte, con salda capacità di persuasione. È giovane e bella in bianco e verde, al primo atto, che corona con un importante mi bemolle al termine di un’aria eseguita integralmente, alla ricerca del senso più profondo di quella ‘parola scenica’ così cara alla scrittura verdiana; è donna matura nello scontro con Germont, che presto si risolve in una confessione accorata, ma sempre esibendo una dignità che passa attraverso il controllo di luminose arcate melodiche («Dite alla giovine»); brilla nell’ultima festa dall’amica Flora, in uno strepitoso abito rosso Valentino, che nell’ultimo atto diventerà «l’immagine | de’ miei passati giorni», trasmessa ad Alfredo per un futuro, il suo futuro senza di lei. È una Violetta che andrà ricomponendo il suo io, sin dal Preludio dell’ultimo atto, in cui la ragazzina che era stata ritorna al proscenio, dapprima al polo opposto al suo, quindi accanto a lei, «tra quei fior» che adesso invadono la scena, s’abbarbicano sul fondale, lo illuminano, quasi lo profumano. La sua, questa volta, non è neanche una mort parfumée, alla maniera dannunziana: ma un commosso, commovente «ritorno a vivere» nell’ultima stretta con il candore dell’infanzia, nello sfolgorio della luce che officia quell’«avvenir migliore» meritato, cercato, celebrato.
Decisamente buono il cast vocale, con la Violetta di Maria Francesca Mazzara che riesce ad essere contemporaneamente potente ed intensa, intimamente emozionante. Sensibile musicalmente e capace di dare sfoggio vocale sia nelle agilità sia nel Mib del primo atto tenuto per un tempo infinito. Nell’ “Addio del passato…” non esegue la seconda parte ma conclude con un acuto limpido, tagliente come un rasoio, che riempie il teatro en plein air, e che anche qui sembra non avere limiti temporali.
“..Suadente riesce Federica Sardella che tratteggia un’ Euridice dall’accento caldo e trepidante..”
“..Eurydice è Federica Sardella che pone in essere un’interpretazione convincente e attorialmente notevole, una bellissima musicalità e una potenzialità vocale da tenere d’occhio..”