Name: La Bohème
Start: 2009-11-27T00:00:00.000Z
End: 2009-11-29T00:00:00.000Z
Location: Teatro Ventidio Basso

Artist

Admin

Baritone

Valdis Jansons

Marcello

Conductor

Giuseppe Sabbatini

Stage director

Lev Pugliese

Tenor

Jean-François Borras

Rodolfo

Davide Bartolucci

Schaunard

Bass

Pietro Naviglio

Benoît

Alcindoro

Soprano

Cristina Giannelli

Mimi

Alessandro Spina

Colline

Maria Kim

Musetta

Set designer

Rocco Pugliese Eerola

Orchestra

Teatro Ventidio Basso Orchestra

Chorus master

Carlo Morganti

Cristian Damir Martinez Vega

La Bohème

Producer

Ascoli Piceno

Italy

Teatro Ventidio Basso

Private

Public

Approved

https://www.operaclick.com/recensioni/teatrale/ascoli-piceno-teatro-comunale-ventidio-basso-la-bohème

GIACOMO PUCCINI
Ascoli Piceno - Teatro Comunale Ventidio Basso: La Bohème
La locandina
Rodolfo	Jean François Borras
Schaunard	Davide Bartolucci
Benoit, Alcindoro	Pietro Naviglio
Mimì	Cristina Giannelli
Marcello	Valdis Jansons
Colline	Alessandro Spina
Musetta	Maria Kim
-

Direttore	Giuseppe Sabbatini
Regia	Lev Pugliese
Scene	Rocco Pugliese Eerola
-

Orchestra del Teatro Ventidio Basso

In Collaborazione Con L’orchestra Da Camera Delle Marche

-

Coro del Teatro Ventidio Basso

-

Maestro del Coro	Carlo Morganti
-

Coro di Voci Bianche “piccole Voci” Dell’istituto Don Giussani Diretto Da Mario Giorgi

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Guarda che scherzi che ti fa la provincia italiana: un teatro come il Ventidio Basso di Ascoli allestisce una Stagione Lirica (e che stagione, Bohème e Trovatore... nientemeno), presumibilmente con budget abbastanza ridotto e vince, almeno nel caso del titolo pucciniano, una scommessa non facile e nemmeno scontata, decidendo di affidarsi quasi per intero a giovani e giovanissimi e affidando la direzione musicale dell'intero avvenimento a un musicista di sicura esperienza come Giuseppe Sabbatini. L’artista, che da poco ha abbandonato la carriera da tenore per dedicarsi a tempo pieno a quella di direttore d'orchestra, debuttava in quest'occasione nella direzione di un'opera lirica in un teatro che, nel 1994, inaugurò con una memorabile Traviata eseguita a fianco della compianta Giusy Devinu. La sua lettura è stata indubbiamente il punto di forza delle recite ascolane: Sabbatini ha deciso di eseguire una versione ridotta della partitura (approntata negli anni cinquanta dal M° Mario Parenti) che, nella pratica esecutiva, si limita solo a eliminare i fiati più gravi e a sfoltire alcuni raddoppi, permettendo di adattare le sonorità dell'orchestra pucciniana anche alle dimensioni di teatri abbastanza raccolti, come è appunto il caso del Ventidio Basso. La differenza quasi non si nota, se non in una trasparenza di impasto che, in molti punti, fa assumere rilievo inusitato a struggenti particolari (ne è un esempio la straziante arpa che accompagna "Mimì di serra è fiore") comunque splendidamente valorizzati da una concertazione sensibile, attenta e meticolosa, che fa intuire il lungo lavoro svolto durante le prove sia con l'Orchestra del Teatro Ventidio Basso (che non è un'orchestra stabile, è bene ricordarlo) sia con il giovane cast, messo nelle condizioni migliori per esprimere al massimo il rimpianto e la malinconia di quest'opera dal clima così lieve e impalpabile. Piace il Rodolfo di Jean François Borras, dal fraseggio attento e partecipe e dalla voce bella e squillante, solo a volte affetta da un vibrato stretto da correggere; la sua Mimì è la debuttante Cristina Giannelli (già violinista, da poco passata al canto) che sfrutta certe asperità del timbro per donare vigore tragico al personaggio e che ha già un'apprezzabile padronanza della scrittura pucciniana per quanto l'emissione non appaia sempre fluidissima. Molto brava la Musetta di Maria Kim, culmine un valzer davvero ben cantato e gestito, così come l'appassionato Marcello di Valdis Jansons. Completavano il quartetto dei bohémiens il disinvolto Schaunard di Davide Bartolucci, vivacissimo in scena e vocalmente in crescendo in corso d'opera, e il Colline "giocato in casa" dell'ascolano Alessandro Spina, in evidenza nella toccante "Vecchia zimarra" del IV Atto. Pietro Naviglio, infine, si è rivelato divertente e persuasivo sia come Benoit che come Alcindoro. La regia di Lev Pugliese si è rivelata altresì una gradevole sorpresa: all'interno delle agili scene firmate da Rocco Eerola, Pugliese snoda la narrazione con coerenza, si permette alcune trovate d'effetto (come l'enorme tavolo rosso che riassume l'intero II Atto) e, in definitiva, si fa apprezzare con un solo, ma grave, difetto, ovvero la brutta tendenza a tenere i cantanti in fondo al palcoscenico, per giunta piazzando un velo di tulle al proscenio: è vero che l’effetto permetteva ai colori e alle luci di creare l'atmosfera flou e nebbiosa necessaria a un'opera carica di rimpianti come questa, ma è vero anche che dal punto di vista acustico la scelta non si è rivelata come una delle più felici, per giunta con un cast di giovani la cui fonazione è, spesso, in corso di formazione. Successo di pubblico caloroso alla seconda e ultima recita cui ho assistito.

Gabriele Cesaretti

italiano

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