Hirofumi Yoshida / Ressenyes

Titolo sempre di grande richiamo, la “Turandot” che è andata in scena come seconda opera del cartellone del Marrucino ha potuto contare su un allestimento che ha suscitato l’entusiasmo del folto pubblico presente in teatro. Il regista Maurizio Di Mattia ha un percorso artistico che va dal teatro d’avanguardia degli anni settanta al barocco, passando per molti festival asiatici nei quali ha allestito le opere più popolari del repertorio. “Turandot” è stata dunque terreno fertile per una riuscitissima fusione di generi: una grande sfera trasparente posta al culmine di una scalinata e racchiusa da un tempio stilizzato, grazie a un gioco di ombre e silhouette è sembrata racchiudere l’intero mondo della Principessa di gelo, fatto dei ricordi dell’ava e di pretendenti decapitati, mentre all’esterno il popolo di Pekino e gli altri personaggi vivevano i drammi presenti. Un velario posto al proscenio è servito da base per l’ormai usuale proiezione di immagini multimediali, il cui utilizzo però non è mai stato banale.

"Japan Heijo-Kyo, Scilla Cristiano’s Liù almost stole the show with exquisite, Crystalline singing filled with pathos". David Chandler - Opera – February 2017