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Salerno, Campania, Provincia di Salerno, Italy | Company

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Die lustige Witwe, Lehár
D: Ermeneziano Lambiase
C: Nicola Samale
Una Vedova giovane e Allegra al Verdi di Salerno

A dir poco entusiasmante “La Vedova Allegra” data al Teatro Verdi di Salerno in una produzione che ha coinvolto il Conservatorio e i Licei cittadini, presentando l’Orchestra e coro del Conservatorio “Martucci” di Salerno, il corpo di ballo del Liceo coreutico “Alfano I”, le scenografie del Liceo artistico “Sabatini-Menna”. Ed ecco, tutti giovani e bravissimi gli interpreti e gli artisti di uno spettacolo che ha comunicato la passione di tante giovani leve già capaci di proiettarsi verso una dimensione di impegno e professionalità dando luogo ad esiti brillanti e di grande attrazione. Dopo le recite mattutine, destinate alle scuole, svoltesi dal primo al 4 ottobre, la prova serale dello scorso sabato cinque ottobre, di fronte al pubblico consueto della stagione lirica, ha costituito la conferma del lavoro e dell’impegno profuso da questa forza giovane nella realizzazione di tale lavoro, soddisfacendo appieno il fine del teatro Verdi di dare spazio al talento, alla creatività e all’estro degli studenti salernitani. A guidare l’Orchestra del Conservatorio Martucci, integrata con elementi del Liceo Alfano I, Nicola Samale che ha creato il giusto connubio tra buca e palcoscenico imprimendo ritmi di volta in volta eleganti, suadenti o frizzanti al dipanarsi delle diverse situazioni mondane, sentimentali, divertenti. Disinvolta e scorrevole è risultata la regia di Emerenziano Lambiase, non semplice dovendo muovere sullo spazio ristretto del “Verdi” un cospicuo numero di interpreti, danzatori e coristi. Ha colpito la padronanza scenica, oltre che l’abilità vocale dei giovani interpreti: Maria Cenname, sicura e precisa nell’emissione vocale nell’intera gamma del suo registro, allo stesso tempo spavalda e romantica nei panni di Anna Glawari (nella recita del 6 ottobre a sostituirla è Margherita Rispoli), Salvatore Minopoli, un affascinante conte Danilo Danilowisch dalla voce baritonale calda e duttile (il giorno 6 Achille Del Giudice). Ad affiancarli nei ruoli della seconda coppia: Francesca Siani, una sentita Valencienne, dotata di una vocalità generosa e ricca di sfumature e Daniele Falcone, bellissimo e nitido timbro vocale nella parte di Camille de Rossillon che ha affascinato il pubblico in particolare nel lirico brano “Come di rose un cespo” del secondo atto (ad essi nella replica del giorno successivo si sostituiscono rispettivamente la più ben che promettente Rosita Rendina e Gaetano Amore). A contornarli, ciascuno con appropriati interventi vocali e apporti spiritosi nella recitazione: Antonio Palumbo (Cascada, nella recita della domenica successiva impersonato da Ciro Maddaluno), Giuseppe Toscano (Raoul de St-Brioche), Maurizio Bove (Bogdanowitsch), Teresa Ranieri (Sylviane ), Christian D’Acquino (Kromow), Vittorio Di Pietro (Pritschitsch), Clarissa Piazzolla (Praskowia), troppo piccolo per i grandi mezzi di Camilla Carol Farias il ruolo di Olga, che nella recita del 6 è stato ricoperto da Mariarosaria Catalano. Nei ruoli del barone Mirko Zeta e in quello di Njegus i veterani Angelo Nardinocchi e l’esilarante Gennaro Cannavacciuolo, probabilmente il migliore interprete in assoluto nel ruolo. Il coro è stato diretto con ottimi risultati da Marilù De Santo, mentre le scene e i costumi ricchi di colore firmate da Alfredo Troisi e le eleganti e spumeggianti coreografie di Massimiliano Scardacchi, hanno contribuito allo smalto e alla briosità dello spettacolo. Tanti i momenti incisivi le cui celebri melodie hanno riscosso il plauso del pubblico: quello “sensuale e lirico” di “Tace il labbro”, il nostalgico del Lied della Vilja, il frivolo e leggero del duetto “sciocco cavaliere”, e su tutti i brillanti cancan e i galop, come il «presto» dell’ Introduzione o la famosa marcia di tutti gli uomini nel famoso “ È scabroso le donne studiar” bissato a grande richiesta. La serata si è conclusa nella gioia generale lasciando ben sperare nel prosieguo di future analoghe iniziative.

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07 oktober 2019www.oltrecultura.itRosanna Di Giuseppe
La Fille du régiment, Donizetti
D: Riccardo Canessa
C: Antonello Allemandi
A sparkling, witty Fille du régiment in Salerno

Riccardo Canessa’s production of Donizetti’s La fille du régiment¸ which opened the opera season at the Teatro Verdi in Salerno, was full of humour and invention, with a refined staging and a clever use of parody. A very entertaining production, indeed, with wonderful music and some of the most celebrated bel canto showpieces.

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14 april 2019theoperacritic.comLorenzo Fiorito
Salerno - Teatro Verdi: La fille du régiment

Con la primavera il Teatro Verdi di Salerno riapre le porte agli appassionati d'opera avviando la stagione lirica che qui, ricordiamo, si svolge da aprile a dicembre un po' in controtendenza con il tradizionale andamento degli altri teatri. Rappresentata nell'originale francese, La figlia del reggimento di Gaetano Donizetti è una scelta abbastanza originale per una serata inaugurale ma si è rivelata vincente per il clima di festa e di divertimento che è riuscita a creare. Tra l'altro si è colmata una lacuna, dato che quest'opera, che ha conosciuto una nuova giovinezza nell’ultimo paio di decenni, in Campania era assente da vari lustri.

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12 april 2019www.operaclick.comBruno Tredicine
Dante Symphony, S.109, Liszt
C: Jacopo Sipari di Pescasseroli
Un maestro in "Anabasi"

Recensione

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25 marec 2023cronachesalerno.itOlga Chieffi
La cambiale di matrimonio, Rossini
D: Raffaele Di Florio
C: Tommaso Turchetta
IMPRESSIONS: L’abbraccio del teatro Verdi al suo pubblico

La regia di Raffaele Di Florio e la scena di Sara Galdi congiunti all’orchestra e ai cantanti hanno dato vita ad una piacevole serata che probabilmente per molti è stata quasi inaspettata data la poca notorietà della musica eseguita.

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01 april 2022www.cronachesalerno.itTommaso D'Angelo
Grande successo al Teatro Verdi di Salerno per “La cambiale di Matrimonio” di Rossini

La regia, i costumi e il light design sono stati affidati al bravo e generoso Raffaele Di Florio che ha incarnato perfettamente nella gradevole messa in scena, il senso disincantato di una storia insensata, che ha funzionato e convinto tutti, negli appena 80 muniti circa di spettacolo.

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31 marec 2022www.2anews.itCarlo Farina
Die Zauberflöte, Mozart
D: Mariano Bauduin
C: Andres Mustonen
Il flauto magico firmato Mariano Bauduin

Afferma il regista d’opera tedesco Peter Konwitschny che Il flauto magico è così moderno perché non ha forma chiusa, ma rappresenta un sistema aperto, quindi ben si adatta ad una vasta gamma di riscritture e difatti nel tempo questo denso capolavoro mozartiano che adotta la struttura archetipica della fiaba (nell’accezione antropologica di Vladimir Propp) investendo lo spettatore di plurime possibilità di lettura ed interpretazione, ha dato vita a diversi adattamenti. Per l’inaugurazione della stagione lirica e concertistica del teatro Verdi di Salerno venerdì 11 maggio 2018 abbiamo assistito ad un nuovo allestimento del singspiel in due atti, nella versione italiana curata nella traduzione e nella drammaturgia dal regista Mariano Bauduin. Chiariamo subito che operazioni del genere non sono certo inusuali: Fedele D’Amico attuò un rifacimento della versione in italiano del Da Gamerra, scritta per Dresda nel 1794, presentato a Venezia nel giugno 1980 mentre l’esecuzione romana di Karajan del 1953 seguiva nel canto la versione dresdiana, con i parlati completamente riscritti, affidati ad attori italiani avendo difatti sostituito i parlati con recitativi, come di regola nell’opera italiana.

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14 maj 2018www.oltrecultura.itDADADAGO
Sussurri in Platea su Die Zauberflote salernitano

Il pubblico ha accolto in proscenio il direttore d’orchestra Andres Mustonen e il regista Mariano Bauduin, con una salve di “Vergognatevi” e “Bhuuu” per il Flauto napoletano La grande attesa e l’entusiasmo del pubblico salernitano che ha affollato il teatro Verdi, per questa prima assoluta per Die Zauberflote, non è stata stavolta ricambiata dalla produzione che ha proposto l’opera stravolta, con lunghi dialoghi e monologhi, raccolti in un libretto infruibile. Dopo la pausa del primo atto, diversi posti vuoti nei palchi e in platea. Alla fine contestazione aperta nei confronti del direttore d’orchestra Andres Mustonen e, in particolare, del regista Mariano Bauduin, il quale ha ecceduto nel voler riscrivere l’intero libretto, affastellando simboli, rimandi e situazioni, in una partitura dalla perfetta balance tra luce ed ombra. Diversi i contributi giuntici in redazione dopo la prima, tra cui quelli di Alessandra Totoli, soprano e docente di musica, e dell’Ingegnere Antonio Capone. “Non c’è molto da dire purtroppo – afferma Alessandra Totoli, presidente e fondatrice dell’Associazione Amici della Lirica – solo lo sconforto di aver assistito ad uno scempio. Io sono favorevole alle novità, ma senza deturpare ciò che ha scritto l’autore, avere avuto il coraggio di rifare una drammaturgia tipo cocktail da bar nonsense, fa tanta rabbia. Che dire, poi, dei ridicoli costumi che indossati dai bambini meritavano una denuncia per deturpazione d’immagine. Non dimentichiamo l’improvviso voltafaccia al prestigioso regista argentino, Hugo de Ana, per il Don Giovanni del 2009, a causa di alcuni nudi in scena, con buffetteria sado-maso, e si è dato spazi a falli indossati con piccoli in scena per giunta ben oltre la mezzanotte. Voler poi, imitare un regista come De Simone che di cultura ne ha da vendere solo per far parlare di sé in maniera negativa… Dispiace oltremodo per i bravi cantanti che hanno generosamente cercato di interpretare l’opera. Il pubblico salernitano che pur sostiene da sempre il Teatro Verdi non meritava questo oltraggio a Mozart”. “Non sono contrario per principio – ha dichiarato l’Ingegnere Antonio Capone, assiduo frequentatore dell’ambiente musicale – a riletture ed innovazioni di capolavori operistici o teatrali, purché da tali iniziative l’opera ne esca arricchita, rinnovata, magari stravolta, ma carica di nuovi messaggi, significati, sentimenti da trasmettere al pubblico. L’unico sentimento che la prima de’ “Il flauto magico”, venerdì sera è riuscito a trasmettere al pubblico, almeno al sottoscritto, è l’indignazione. Feroce. Condivisibile l’idea di tradurre il libretto dal tedesco. Tuttavia, la totale mancanza di senso compiuto dei testi, sembra indicare l’utilizzo di qualche maldestro traduttore automatico reperibile on line; il risultato è mortificante non solo per l’intreccio narrativo, ma soprattutto per l’interpretazione del cast, di ottimo livello. Tra improbabili ambientazioni da fiaba popolare napoletaneggiante, eccessi buffi che sfociano nel grottesco, costumi fallici tanto ridicoli da non riuscire neanche ad essere volgari, si perde qualsiasi significato. Con l’intenzione, o forse la presunzione, di svuotare l’opera mozartiana dalla ‘polverosa’ intonazione massonico-iniziatica, illuminista, con la dialettica tenebre/luce, ignoranza/ragione, si finisce per mettere in scena non un divertissement teatrale, bensì una cacofonia di parole e note. La musica, meravigliosa, luminosa, ironica dell’ultima opera di Mozart sparisce, non arriva allo spettatore desideroso, non riesce a superare l’impianto folkloristico, popolaresco nel quale la regia lo imprigiona. Siamo all’assurdo: l’opera che più chiaramente e gioiosamente mette in scena la vittoria della ragione sugli istinti bassi, della luce della sapienza sulla tenebra degli istinti beceri, scompare nell’ignoranza. Questa volta, al Verdi, non è la luce e La Sapienza di Sarastro a trionfare, ma la cupa notte senza luna che ingoia tutto: pubblico, regia, direzione, orchestra. Neanche la partitura scintillante di Mozart può vincere tanta oscurità. Considerando la qualità degli interpreti a disposizione, un vero peccato, un’occasione sprecata”.

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14 maj 2022www.cronachesalerno.itTommaso D'Angelo

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